Chi non lavora nel settore professionale dell’accoglienza dei richiedenti asilo probabilmente non ha mai sentito parlare dei “dublinanti”. Non si tratta della traduzione italiana dei “dubliners” di Joyce, è un gergalismo che indica un tipo particolare di richiedenti asilo: sono coloro per i quali viene definito che l’Italia (nel nostro caso), è il Paese competente a trattare la loro domanda di asilo, in virtù di un transito (certificato dalle impronte digitali) o per il possesso di un visto d’ingresso italiano. La scorsa settimana a Roma, l’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) ha tenuto un convegno proprio per discutere del sistema Dublino a un anno dall’entrata in vigore del Regolamento Dublino III. Riassumiamo qui gli interventi dei relatori che forniscono un quadro sul rapporto tra l’Italia e il sistema Dublino.
L’avvocatessa Loredana Leo, referente della regione Lazio per l’ASGI, ha presentato il report effettuato sull’accoglienza dei dublinanti: “Il sistema Dublino e l’Italia: un rapporto in bilico”. Lo studio si concentra principalmente sulle pratiche di accoglienza dei dublinanti presso l’aeroporto di Fiumicino (il maggiore scalo italiano di dublinanti in Italia) e su vari progetti di accoglienza attivi a Roma ed è stato realizzato attraverso visite e interviste con gli operatori attivi presso lo scalo aeroportuale e i progetti di accoglienza. Il report denuncia condizioni di accoglienza abbastanza disastrose per tre tipologie giuridiche di dublinanti.
Ai richiedenti asilo non attivanti, che hanno depositato il verbale C3 in questura durante il loro primo passaggio in Italia, viene trasmesso un invito a comparire e viene dato un biglietto ferroviario per recarsi autonomamente presso la questura competente. Possono rimanere anche due giorni presso l’aeroporto di Fiumicino prima di avere i documenti necessari per essere dimessi.
Per i richiedenti asilo attivanti, coloro che hanno solo transitato in Italia senza neanche depositare il verbale C3, si procede alla deposizione del verbale in aeroporto, il che può richiedere fino a 5 giorni, tempo durante il quale i richiedenti asilo rimangono in aeroporto senza nessun tipo di struttura ricettiva per loro, né stanze dove dormire e avere dei colloqui. Una volta completate le procedure con la polizia di frontiera e nel momento delle dimissioni dall’aeroporto, vengono presi in carico da un progetto di accoglienza. Loredana Leo ha parlato del progetto ASTRA, che a settembre 2014 ha aperto un centro destinato all’accoglienza di richiedenti asilo ordinari e vulnerabili, evidenziandone l’inadeguatezza: né riscaldamento, né acqua calda, camere senza finestre, mancanza perenne di mediatori culturali, assistenza legale attivata dopo 2 mesi dall’apertura, distribuzione di vestiti pesanti solo a partire da gennaio 2015, a un mese esatto dalla chiusura del centro per revoca da parte del Ministero. Tuttavia gli ospiti sono ancora nel centro, in attesa di entrare nello SPRAR, con la sola fornitura del vitto.
I titolari di protezione internazionale: rappresentano la maggior parte (68%) dei dublinanti che rientrano presso l’aeroporto di Fiumicino. Il disbrigo delle pratiche presso l’aeroporto richiede al massimo 24 ore, dopodiché per loro non c’è nessun tipo di accoglienza, neanche per i casi vulnerabili.
Mario Morcone, il Capo Dipartimento delle Libertà Civili e dell’Immigrazione, ha sottolineato che il regolamento di Dublino trasgredisce l’art. 80 del trattato di Lisbona e più in generale tradisce il principio di solidarietà comune che dovrebbe esserci tra tutti i Paesi membri dell’Unione Europea, in quanto esso impedisce la libertà di circolazione e rende ottusamente complicate le procedure di ricongiungimento. Inoltre ha fatto notare che il ministero vede in maniera molto negativa l’apertura di grossi centri d’accoglienza, che pongono serie questioni legate all’ordine pubblico e che azzerano, o quantomeno diminuiscono sensibilmente, le possibilità di integrazione degli ospiti presso il tessuto sociale circostante.
La stessa criticità è stata sottolineata da Gianfranco Schiavone, membro del consiglio direttivo dell’ASGI, il quale ha esortato a riflettere anche sullo SPRAR, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, affidato dal Ministero degli Interni all’ANCI. Secondo Schiavone è grave il fatto che lo SPRAR non abbia una programmazione. Nella sola Calabria ci sono più progetti territoriali che in tutta la Lombardia e il Piemonte messi insieme. Come si può quindi parlare di “sistema”? Il sistema per essere definito tale deve avere una programmazione a monte. Passa poi a parlare del regolamento Dublino III, definendolo una sconfitta non solo politica ma anche giuridica perché costruito sulla finzione che i Paesi europei siano tutti uguali, mentre il diritto deve tenere conto della realtà delle cose e non basarsi su delle finzioni, altrimenti rischia di incepparsi e di causare dei seri problemi alle persone verso le quali si applica. Secondo Schiavone il regolamento Dublino III contravviene ai suoi obiettivi originari, perché la complessità e la rigidità delle sue norme causano continui spostamenti dei richiedenti asilo, che circolano come in orbita tra più Paesi membri.