Un giorno del 2009 al mio villaggio ci sono stati scontri molto violenti, la gente sparava e mio padre e mio fratello sono rimasti uccisi. Mi sono trovata da sola, non sapevo dove andare, non trovavo mia madre e gli altri miei fratelli. Ho incontrato una signora che mi ha detto di essere tornata dall’Europa per prestare il suo aiuto alla gente del villaggio dopo avere saputo quello che stava succedendo. Mi ha vista sconvolta e ha promesso che mi avrebbe portato in una città dove avrei potuto lavorare e avere una vita migliore. Mi ripeteva: “Piccola, non ci sono problemi; se sai accudire i bambini devi stare tranquilla, ti faccio lavorare come baby sitter”.
Siamo partite una mattina in corriera, abbiamo viaggiato due settimane nel deserto per arrivare in Libia, dove la signora mi ha portata in un appartamento di sua proprietà. A quel punto mi ha detto che il lavoro che dovevo fare non era la baby sitter: “Nel lavoro che tu andrai a fare guadagnerai 10.000 dinari al mese e a me darai la metà, farai la prostituta così dopo mi pagherai”. Io ho detto che non volevo, ho iniziato a piangere, ero disperata, ho pregato Dio di trovare una strada buona per me, ho pregato la signora, ma è andata su tutte le furie. Ha smesso di darmi da mangiare e da bere e dopo alcuni giorni ha fatto venire in casa due uomini perché mi violentassero.
Sono riuscita a scappare e fuori per la strada un anziano libico che passava con l’auto si è fermato a soccorrermi. Mi ha detto che un suo amico nigeriano avrebbe potuto aiutarmi e mi ha portata da lui. L’amico nigeriano aveva un negozio di frutta e verdura e appena mi sono ripresa un po’ ho iniziato a lavorarci. Un giorno è venuto al negozio un ragazzo che ha iniziato a corteggiarmi. Con il consenso del mio datore di lavoro abbiamo deciso di conoscerci meglio. Poi è iniziata la guerra. Sono rimasta per un altro mese a vivere con il mio datore di lavoro, poi ho deciso di andare a vivere con il mio ragazzo. Alcuni giorni dopo sono arrivati i soldati e ci hanno portati via con dei camion. Ci hanno lasciati sulla spiaggia, dove c’era una barca. Non abbiamo pagato niente, non ci hanno dato né da bere, né da mangiare. Siamo arrivati in Italia dopo due giorni di viaggio.
Richiedente asilo nigeriana